Sono sette gli scrittori siciliani presentati dagli Amici della domenica al Premio Strega 2022.
C’è la Palermo del diario di Concetto. L’Etna madre-matrigna da forgiare. L’amore impossibile in una terra bruciata dal caldo e dalle passioni. C’è l’emigrazione di Nina e quella di Antonio. C’è la Sicilia anche dove non c’è.
Cinque scrittrici e due scrittori siciliani entrano a far parte del nutrito gruppo (74 titoli) di libri in gara per il premio strega 2022.
Il regolamento prevede che ciascun Amico della domenica segnali, con il consenso dell’autore, un’opera che ritiene meritevole di partecipare al premio. Ciascuna segnalazione è corredata da un breve giudizio critico.
Ebbene, i siciliani Veronica Galletta, Giovanna Giordano, Rosario Palazzolo, Simona Moraci, Francesca Spadaro, Massimo Maugeri e Costanza DiQuattro si sono meritati critica e candidatura.
Spetta adesso al Comitato direttivo valutare e annunciare la dozzina ufficiale entro il 31 Marzo.
Premio Strega 2022: i sette Siciliani e i giudizi critici
Veronica Galletta, nata in Sicilia per caso
“Sono nata in Sicilia per caso, o per volontà altrui, che poi forse è la stessa cosa – scrive Galletta – la Sicilia, Siracusa, l’isola di Ortigia, rimangono un punto fermo del mio immaginario, con il quale, come tutti i siciliani, confrontarmi e fare i conti”.
Il suo “Nina sull’argine”, edizioni Minimum fax, racconta di un’ ingegnere emigrata dalla Sicilia in un immaginario paese del profondo nord. Veronica che ha un Ha un dottorato in ingegneria idraulica racconta di “Nina”, è chiamata a dirigere i lavori sull’argine di Spina. Alla sua prima grande opera di costruzione si ritrova catapultata in un microcosmo maschile con cui confrontarsi giorno dopo giorno.
Candidato da Gianluca Lioni al Premio Strega 2022 con la seguente critica:
«La Galletta con una lingua asciutta, scarna, che pure si accende di tecnicismi ci restituisce in filigrana temi diversi: il senso di solitudine, l’alienazione sul lavoro, la lotta con la natura nel tentativo di addomesticarla, l’impossibilità di raggiungere la perfezione.
La costruzione di un argine si rivela quindi una metafora del nostro tempo, del senso di smarrimento e vulnerabilità individuale e collettivo che attraversa la nostra società.
[…] la sua Nina scava e riemerge, distrugge e assembla, cercando quell’equilibrio indispensabile per portare a termine un progetto, nel lavoro come nella vita».
Giovanna Giordano e Il profumo della libertà
Giovanna si descrive come giornalista e giramondo. Coltiva la sua campagna in Sicilia davanti al mare delle Isole Eolie. Candidata al Nobel per la letteratura nel 2020, il suo “Il profumo della libertà” edito da Mondadori, racconta di un viaggio eroico da un luogo ignoto della Sicilia all’America con “voce di autentica incantatrice”.
Candidato da Antonella Cilento al Premio Strega 2022 con la seguente critica:
«[…] Il romanzo di Giovanna Giordano è una moderna Odissea e il protagonista, Antonio Grillo, novello Ulisse, ne è osteggiatissimo protagonista, poiché non a casa si deve tornare, come in Omero, ma da casa si deve trovare la forza di partire. E innumerevoli sono gli inganni che la terra maliosa e la famiglia gelosa tessono per impedire il viaggio, nutrendo e avvelenando il protagonista che ha in casa sia Circe che i Lotofagi.
Giovanna Giordano tesse una lingua di richiami e ripetizioni, seminata di boe di parole, come un’antica cantastorie, un gesto che in tempi cinici e ciechi sembra ingenuo e invece risveglia le forze più antiche del narrare, come in Le mille e una notte.
Cosa ci dà la forza per viaggiare nel mondo, sembra chiedersi Giovanna Giordano, se non le profonde radici cui apparteniamo?
[…] Il profumo della libertà innova il modello con voce femminile di autentica incantatrice».
Rosario Palazzolo e la sua Palermo
Rosario Palazzolo è nato a Palermo nel 1972. Drammaturgo, scrittore, regista e attore, “Con tutto il mio cuore rimasto” edito da Arkadia, chiude il lettore in una stanza buia insieme a Concetto e al suo dialogo spassoso e crudo con gesù crocefisso.
Candidato da Alberto Galla al Premio Strega 2022 con la seguente critica:
«[…] La storia è il lungo monologo di un ragazzino chiuso in una stanza buia da due donne per evitare la diffusione di un peccato inconfessabile, non suo, sia chiaro. Il monologo con un gesù (volutamente minuscolo) che raccoglie la testimonianza, il diario letto da Concetto al buio, vergato su un quaderno a quadretti, a tratti spassoso, amaro, diretto e crudele che ci porta a conoscere una Palermo con tutte le sue figure rese potenti da un parlato che ben definisce ogni tratto caratteriale, psicologico e soprattutto racchiude in sé l’impossibilità della verità.
Potente, deflagrante, un pugno diretto alla nostra coscienza[…]».
Simona Moraci nelle scuole di quartieri a rischio
Messinese, scrittrice, giornalista professionista, dopo oltre vent’anni di carriera ha scelto l’insegnamento. “Duecento giorni di tempesta” nasce proprio dall’esperienza maturata negli ultimi anni “sulla frontiera”, nelle scuole di quartieri a rischio. Edito da Marlin, racconta di Sonia, giovane docente in fuga dal passato e del triangolo amoroso che vive mentre incontra e scontra la dura realtà di una città siciliana in mano alla criminalità.
Candidato da Aldo Cazzullo al Premio Strega 2022 con la seguente critica:
«Ho letto un libro di un editore piccolo e perciò prezioso: Duecento giorni di tempesta di Simona Moraci (Marlin). Lo propongo per la qualità della sua scrittura, capace di raccontare emozioni e trasformazioni interiori e di rielaborare l’esperienza nelle scuole a rischio vissuta dalla stessa autrice.
Una realtà poco conosciuta e che costringe gli insegnanti, in una frontiera così bene raccontata dalla scrittrice, a contrapporre l’affetto e la cura alla violenza e alla sopraffazione che si respirano in luoghi ai margini. Luoghi e figure che trovano nella pagina forza espressiva grazie a uno stile maturo.
Nello stesso tempo, il romanzo scava nella complessità dei sentimenti, che investono la protagonista e due figure maschili, tra rinascita esistenziale e possibilità di rielaborare il passato per cambiare la propria vita. Il tutto con una narrazione diretta a fare di passaggi emotivi e momenti drammatici tasselli emozionanti di una forma romanzesca coinvolgente. Ironia e un tocco di leggerezza, nello stesso tempo, si amalgamano con gli elementi più sofferti».
Francesca Spadaro in guerra per vivere
Messinese, docente di Italiano e Latino nei Licei, rappresentante sindacale e impegnata in attività di volontariato, Francesca Spadaro regala pagine cruente con il suo “Un sogno per vivere”. Edito da Viola Editrice, narra le vicende di un gruppetto di cinque liceali del Mamiani di Roma le cui vite vengono stravolte dall’ incombere della seconda guerra mondiale.
Candidato da Giuliano Mazzeo al Premio Strega 2022 con la seguente critica:
«La scrittrice Francesca Spadaro ci offre un quadro inedito di una generazione che ha visto le sue legittime aspirazioni ed i propri sogni frustrati e devastati da eventi storici invivibili e imprevedibili che solo in minima parte consentono a chi li ha vissuti l’equilibrio necessario per sopravvivere in una società uscita dalle ceneri della guerra priva di certezze e di speranze per il futuro».
Massimo Maugeri e la Montagna
Catanese, conduttore radiofonico, scrittore e ideatore del blog letterario Letteratitudine con “Il sangue della montagna” edito da La nave di Teso, cerca di riportare l’uomo al centro passando per la montagna, l’Etna “che tutto dà e tutto toglie”.
Candidato da Maria Rosa Cutrufelli al Premio Strega 2022 con la seguente critica:
«Un “romanzo-mondo”, dalla struttura ampia, che spazia attraverso il tempo, intrecciando storie contemporanee a storie di secoli lontani.[…]
La Montagna è il nome che i siciliani danno all’Etna, madre-matrigna che domina l’isola e “tutto dà e tutto toglie”. […]
I protagonisti del romanzo, un uomo e una donna, Marco Cersi e Paola Veltrami, vivono all’ombra della Montagna. Paola Veltrami è una donna piegata dal lutto, alle prese con una figlia difficile, ma che non si dà per vinta. Una docente di letteratura che insegue un progetto generoso e immenso: trovare un modo per cambiare il modello economico e farlo diventare più giusto, più a misura d’uomo. Marco Cersi è invece un imprenditore. Con coraggio e temerarietà, tenta di rendere fruttuosa la pietra lavica, di trasformarla in un “prodotto”, di piegarla alle sue esigenze. Forse, quello che cerca è un risarcimento simbolico, qualcosa, una luce che rischiari il lato oscuro della Montagna.
Ma solo il vecchio intagliatore don Vito, artista e poeta, può addentrarsi in questo lato oscuro e gustarne l’essenza. Don Vito, il “nipote della lava”[…] Il suo mistero è, in un certo senso, il motore segreto del romanzo.
La scrittura di Maugeri è magmatica, a volte perfino ipnotica, densa come la lava della sua Montagna. Un vulcano che, nell’immaginario degli isolani, è “femmina” e madre. Madre buona e Madre cattiva al tempo stesso. Si avverte, nel libro di Maugeri, un amore trepido per la propria terra e per la Montagna magica che la sovrasta[…]».
Costanza DiQuattro e la nobiltà siciliana
Laureata in Lettere moderne all’Università di Catania, ha assunto la Direzione artistica con la sorella Vicky del Teatro Donnafugata, restituito alla fruizione del pubblico dopo sei anni di restauri. Il suo “Giuditta e il monsù” edito da Baldini+Castoldi racconta di un amore impossibile. A Palazzo Chiaramonte, una notte di maggio porta con sé due nascite. Fortunato, abbandonato davanti al portone, e Giuditta, l’ultima fimmina di quattro sorelle.
Candidato da Franco Di Mare al Premio Strega 2022 con la seguente critica:
«[…] un libro tenero e crudele al contempo.
È una fotografia non troppo ingiallita di una certa nobiltà siciliana, ancorata a rigide tradizioni e dilaniata da scomode verità. È una storia dentro la storia in cui l’amore diventa un pretesto capace di raccontare l’ineluttabilità del destino.
Con una scrittura che sembra aderire più ad una sceneggiatura da nouvelle vague francese, tra Truffaut e Bunuel, Costanza DiQuattro usa la penna come se fosse una macchina da presa che sfonda le quinte teatrali e arriva, attraverso una potentissima vis teatrale, a fare vivere al lettore ambienti, odori, emozioni e sentimenti attraverso un linguaggio unico e singolare.
C’è tutto dentro la scrittura di DiQuattro; la musicalità di un dialetto arabo e greco, francese e spagnolo fatto di accenti forti e di lunghe distese, di dialoghi serrati e intime riflessioni in cui poesia e prosa sembrano confondersi e cedersi il passo continuamente. C’è il cinema dei campi larghi dei fratelli Taviani e quello della folla perfettamente sincronizzata di Tornatore. C’è il teatro, tanto teatro, di quello popolare che unisce, in un’unica campata, Scarpetta e Pirandello». […]