Rondella robottini “pacifici”, una storia da conoscere.
Chi è Lu Rondella, che si autodefinisce “artiere malinconico” e ha destato l’attenzione dei media nazionali per la sua felicissima invenzione, i robottini pacifici?
Chi scrive lo conosce da tempo, ma è rimasto sorpreso nel vederlo esplodere sui social dopo qualche anno in cui ci si era persi di vista. Per via delle nostre esperienze comuni, ci siamo dati del tu e il tono è amichevole e più o meno volontariamente comico. Come per gli altri colleghi giornalisti, comunque, anche al sottoscritto è stato chiesto di non diffondere troppi dati personali per motivi puramente artistici.
Rondella robottini: a colloquio con Sergio, classe 1982
Ai lettori basti sapere che il nome di battesimo di Rondella è Sergio, classe 1982, caratteristicamente calvo da tempo immemore, e che ora vive a Nardò, in provincia di Lecce, con “La Rondella Madre”, cioè la sua compagna Virginia, Piccola Anna, la loro bambina, e Frida Kahne, una giovane cagna meticcia che Rondella definisce (usando un altro termine, ndr) “rompiscatole a pelo raso”.
Lu Rondella, una storia di vera resilienza
Il succo della vicenda è che Sergio si è trovato senza lavoro all’improvviso, senza soldi e con un trasloco da completare in pieno lockdown del 2020. A quel punto ha preso il coraggio a due mani e si è inventato una linea artigianale di giochi, e non solo, che lo hanno trasformato ne Lu Rondella e portato a dare relativa tranquillità a sé stesso e alla sua famiglia.
Questo è tutto. Però, se i lettori vogliono saperne di più, in effetti la parte interessante sta nel raccontare la trasformazione di Sergio in Rondella e spiegare bene il suo progetto, perché ne vale la pena. Diciamo. Soprattutto quando ci racconta della partnership con l’AI.MCTO.
Lombardia, Emilia Romagna, Puglia: le vite lavorative di Rondella
Rondella, ti ho conosciuto come fotografo e fotoreporter, al punto che siamo riusciti a collaborare per la prima rivista che ho diretto, “Palascìa_l’informazione migrante”, rivista d’intercultura che prendeva il nome dal territorio otrantino che si trova più a est d’Italia.
Poi che ti è successo?
“Andrea, forse va detto che prima di ‘fare’ il fotografo ho studiato all’Accademia di Fotografia di Milano. Era una mia aspirazione, perché ho sempre avuto una sensibilità per le attività artistiche, dalla musica alla pittura, fino alla fotografia. Ho subito trovato lavoro come assistente in uno studio affermato”.
L’interesse per l’arte te l’ha trasmesso tuo padre, che è un insegnante di Storia dell’arte in pensione, ma anche un pittore. Non lo sapevo, me l’hai detto tu e inserisco questa informazione durante l’editing per velocizzare il racconto, perché papà Dario tornerà più in là. Cosa è andato storto in quell’ambiente?
“Ho cominciato a lavorare in proprio a Milano, poi sono dovuto tornare in Puglia, dove ho aperto uno studio. All’inizio andava bene, ma poi è stato sempre più difficile sbarcare il lunario e accontentare i clienti. Ero arrivato a un tale limite che tuttora non scatto più foto se non quando proprio è necessario. Perciò ho deciso di chiudere e di lavorare come dipendente”.
Una storia come tante di giovani italiani
A quel punto la storia di Rondella diventa simile a quella di tanti giovani italiani: deve cambiare diversi lavori nei call center, fare corsi di formazione professionale, lavorare nella ristorazione, nella logistica, nella manutenzione, anche in un centro di prima accoglienza. Si sposta in Emilia Romagna per fare il manovale. Torna in Puglia. Non sempre il lavoro è appagante e spesso gli orari non sono ben definiti.
La sua esperienza mi suggerisce soprattutto una considerazione: nonostante gli orari e l’intensità del lavoro, è stato sempre e comunque meglio abbandonare le velleità artistiche con partita IVA per essere stipendiato da qualcuno?
(Ride) “Le responsabilità di chi si mette in proprio sono tante, ma anche rinunciare alla propria autonomia non è una passeggiata. Poi, non vorrei che i lettori pensassero che ho cambiato molti lavori perché sono sfaticato, anzi, mi faccio il mazzo”. (A questo punto i lettori avranno capito che non ha usato gli stessi termini, ndr).
In effetti, ti conosco come una persona che si dedica a qualsiasi cosa con passione e intensità. Che cosa deve accadere per farti prendere decisioni drastiche?
“Mi appassiono facilmente. In tanti lavori mi sono trovato molto bene. L’unica regola è che devo essere sempre capace di alzarmi la mattina senza che accada una cosa che in dialetto leccese si definisce: ‘scurire lu core’, cioè intristirmi per la routine o per questioni relazionali”.
E da un certo punto in poi hai dovuto prenderti cura della tua famiglia.
“Certo, i primi anni di Piccola Anna io non c’ero perché avevo turni massacranti e non la vedevo crescere. Questo mi ha fatto lasciare il settore della ristorazione, per esempio”.
Sergio, Virginia e Piccola Anna, una storia d’amore in un tempo precario
E con la Rondella Madre, che di mestiere è addetta alla comunicazione in Lis nelle scuole, com’è andata? Ti vedo assumere un’espressione che non ti ho mai visto addosso, a metà tra una triglia al cartoccio e un Narciso di Caravaggio…
“Virginia era un’allieva del mio corso di fotografia. Ci siamo subito piaciuti. Non siamo assolutamente complementari, anzi. Abbiamo praticamente lo stesso modo di stare al mondo. Questo da un lato è bellissimo, dall’altro significa che nessuno riesce a frenare l’altro nemmeno davanti a catastrofi annunciate”.
E quando litigate, anche.
“Sì, una roba pazzesca che però passa presto”.
E poi fate la pace.
(Ride) “Sì”.
Mi stavi raccontando di come si è formata la famiglia Rondella.
“Ah sì! Ci siamo piaciuti subito e dopo pochi mesi abbiamo deciso di fare un figlio, anche se ai parenti all’inizio abbiamo detto che è capitato così (questo lo metto in grassetto caso mai sfugge ai parenti, ndr) per non sembrare completamente pazzi. Conviviamo da sette anni, che è l’età di Piccola Anna”.
Com’è Piccola Anna?
“Una tosta, la cosa più bella che mi sia mai capitata. È molto creativa e, come diceva mia nonna, ‘friculatura’, cioè sempre in movimento, con tanta energia da scaricare. A un certo punto abbiamo pensato di farle fare danza, ma essendo mia figlia non sopportava tanto tutte le regole di quella disciplina. Siccome a Nardò è molto famosa la squadra di basket “Andrea Pasca”, che quest’anno gioca in Serie A2, le abbiamo proposto di fare una lezione di prova e abbiamo scoperto che ama questo sport. Se ha una festa con gli amici che coincide con un allenamento, lei corre ad allenarsi. Ha sofferto molto per le restrizioni sanitarie, così abbiamo preso due palloni e andiamo a giocare nei giardini pubblici. Ora è ‘elettrica’ perché gli allenamenti stanno per riprendere”.
Sergio diventa Lu Rondella, artiere malinconico
La svolta nella trama della commedia felice, avviene quando i Rondella hanno bisogno di stare in una nuova casa e organizzano il trasloco, che deve essere svolto nel corso della primavera 2020. Scoppia la pandemia, il governo Conte-bis impone il confinamento e Sergio perde il lavoro.
Complimenti di cuore per il tempismo. Facciamo un po’ di “T.v. verità”, Sergio: cos’hai provato in quel momento?
“Ho avuto paura per la prima volta nella mia vita. Non sapevo cosa inventarmi. I soldi non bastavano e i nostri genitori non potevano aiutarci più di tanto. Mentre cercavo qualcosa da fare, ho anche pensato di diplomarmi come elettrotecnico, ma nonostante gli elogi della dad che si sentivano all’inizio, non mi hanno fatto nemmeno parlare con gli insegnanti”.
Come hai ripreso fiducia nelle tue capacità?
“Anzitutto sentendo anche la fiducia degli altri. Il trasloco era bloccato, ma i ragazzi dell’agenzia mi hanno permesso di pagarli con i miei tempi. Gli ultimi mesi d’affitto della vecchia casa sono stati coperti dalla caparra, nella nuova casa potevamo entrare. Poi si sono fatte vive le istituzioni e anche la Caritas. A quel punto, la mia famiglia mi ha dato il la per l’idea dei robottini pacifici. Quando siamo arrivati nella nuova casa, ho potuto allestire un piccolo laboratorio, nel quale mi sono messo a fabbricare dei giochini per Piccola Anna”.
Cioè, per divertimento, per costruire dei piccoli giochi, hai cominciato a usare fresatrici, trapani, eccetera?
“Esatto. Già da piccolo, con papà, ci divertivamo a costruire insieme dei giocattoli con le vecchie lattine o altri pezzi di scarto. Per giocare con Piccola Anna, ho costruito una macchinina, un trattore e un robottino. Quello che ha avuto più successo con lei e con tutti è stato il robottino Fernando”.
Cos’aveva di speciale il robottino?
“I robottini sono figure antropomorfe, ma non anatomicamente perfette, quindi i bambini si possono divertire a realizzarli, è più facile. Fernando, poi, aveva una catapulta sulle spalle e un design anni Ottanta un po’ steampunk. Era fatto proprio con i cubi: un cubo, un parallelepipedo e alcuni ingranaggi.
Che cosa è successo, poi?
“Ho postato la foto su Facebook e un sacco di gente mi ha chiesto se era in vendita. Dopo diverse richieste ho chiesto il permesso ad Anna e l’ho venduto. Poi ne ho fatti altri quattro, li ho messi su Facebook e dopo dieci minuti li avevo venduti”.
Lu Rondella e i robottini pacifici
Vista l’enorme richiesta, e non pago dell’esperienza in proprio di quindici anni prima, Sergio sottrae biecamente a Piccola Anna i giochi che ha costruito per lei, poi apre una nuova partita IVA e mette su un sito con e-commerce, tutto da solo. Diventa Lu Rondella e gestisce con una simpatia diretta e un salentino eloquente i suoi social e i rapporti con i clienti da tutta l’Italia.
Mancano il nome e il concept. Perché “Rondella” ?
“Nel fai da te, le rondelle possono risolvere svariate situazioni e sono molto usate. Inoltre, se ci fai caso, è possibile trovarne molte vicino ai marciapiedi. Quando ero piccolo facevamo così anche con mio padre”.
Perché i robottini pacifici?
“Perché mi sono stancato di tutto l’odio che la gente riversa soprattutto sui social, dove invece mi piacerebbe che circolasse qualcosa di buono e di bello, che fosse diretto indistintamente sia ai ‘buoni’ che ai ‘cattivi’. Anche nei cartoni animati i robot buoni usano le armi, invece il concetto è proprio quello di rispondere all’odio con l’amore. I robottini lanciatori di cuori non guardano al fatto che la persona che riceve il cuoricino è buona o cattiva. E poi questa cosa è avvenuta quando io stesso ero in un brutto periodo. Perché non succede mai niente per caso, quindi la missione di Rondella, adesso, è di sensibilizzare tutti. Rieducare anche gli adulti per insegnare ai bambini l’empatia e l’amore verso gli altri”.
Sono impressionato. E a tutto questo aggiungi l’idea del riuso e del riciclo di materiali?
“Sì, anche quando facciamo le gite in campagna io mi porto dietro una busta con la quale raccolgo i rifiuti lasciati dagli altri. Fa parte di quello che ti dicevo prima. Tutti i robottini sono fatti con materiale recuperato. Spesso le persone mi lasciano le cose che altrimenti butterebbero via, oppure vado a cercare oggetti nelle discariche”.
Benissimo, quindi l’appello che lanciamo è di continuare ad abbandonare oggetti nelle discariche abusive, così Rondella può continuare a creare, vero?
(Ride)”Ti spiego: il materiale che mi lasciano o che recupero lo accumulo brevemente nella parte del laboratorio che dedico al lavoro più grossolano. Recupero velocemente tutto quello che mi serve e smaltisco il resto, altrimenti vengo cacciato di casa. Poi lavoro di cesello e progetto in un’altra parte del laboratorio, dove ho posizionato anche un pantografo CNC. Ormai faccio orari d’ufficio”.
Lu Rondella e la collaborazione con l’AI.MCTO
Insomma, un artigiano, un educatore e anche un riciclatore, nel senso buono. Aspiri alla beatificazione?
“Ci sarebbe ancora una cosa importante. La collaborazione con “Cumparema Filippo”, cioè il mio amico e compare Filippo, un bambino con MCTO.
Cosa significa MCTO e perché sfrutti i bambini per il tuo commercio?
“MCTO è l’acronimo inglese di Osteolisi multicentrica carpo tarsale, una malattia rara scoperta solo nel 2012, che in genere si presenta dall’infanzia come fosse artrite grave e genera deformazioni scheletriche, specialmente nelle ossa carpali e tarsali (questo testo l’ho controllato su internet per fargli fare bella figura, ndr). L’Associazione Italiana che si occupa di questa malattia, AI.MCTO, mi ha contattato su Facebook perché il piccolo Filippo si era innamorato dei robottini. Così ne ho realizzato uno per lui e poi abbiamo lanciato una campagna di donazioni con gli incursori, robottini forniti di lecca-lecca, con uno speciale mantello recante il logo dell’associazione. Siccome non mi è bastato, ho deciso che il 4 percento di tutti gli acquisti dal sito sarà devoluto per sempre all’AI.MCTO. Chi acquista dallo shop, quindi, contribuisce alla ricerca scientifica per questa malattia, ma anche a migliorare le condizioni di vita di chi ne è affetto”.
I Robottini Pacifici più amati dai clienti di Rondella
Va bene, Rondella, ora comprendo perché hai da tempo il cranio pelato: vuoi metterci sopra un’aureola. Prima che ci squagliamo tutti, racconta quali sono i robottini più richiesti.
- “Sicuramente i Cardi-O-Matic, che hanno un palloncino a forma di cuore in mano e un’antenna portafoto sulla testa”.
- “Poi i Lanciatori che hanno delle vere catapulte sulle spalle con le quali lanciano cuoricini di legno”.
- “Una cosa molto più delicata riguarda le personalizzazioni. Le persone possono scrivermi da una sezione specifica del sito e raccontarmi la loro idea. Io poi mi scervello per fare qualcosa di non scontato. Una volta ho realizzato una ricercatrice elettronica con il camice e una bobina di tesla in testa”.
- “E poi sono affezionato al robottino anziano su una sedia a rotelle, Nonno Elio, che aveva sulla faccia uno schermo con il positivo di una foto dentro una moviola”.
- “E anche a PoliFermo, un robottino con un occhio solo che stava su un motore Euro Zero, quindi non poteva circolare e per questo tutti lo chiamano così”.
Fino al nonno Elio era un articolo bellissimo. Una domanda di rito, che però con te assume una valenza particolare: quali sono i progetti di Rondella per il futuro? Si stancherà mai di questo lavoro?
“Credo che fabbricare oggetti da materiali di risulta è un’attività che non abbandonerò mai. Potrò prendermi pause da qualche tipo di produzione, ma non smetterò mai. Rondella ha appena lanciato una linea di complementi d’arredo, molto sfiziosa, e in collaborazione con la Rondella Madre ha un progetto molto ambizioso, che lanceremo a breve…ma niente spoiler che siamo buoni, ma non fessi!”.